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Racconti Di Tradimenti: la curiosa Storia di Manuela

Tradire è un po’ come scrivere su carta un pezzo di realtà. La storia della nostra letteratura è infatti piena di capolavori che basano il proprio plot narrativo sui tradimenti: come ogni altra esperienza scritta sui libri, anche i racconti di tradimenti aiutano la mente del lettore a capire come funzionano certe cose, ad appropriarsi di esperienze non ancora fatte in prima persona, e persino a trarre tutta una serie di informazioni utili per evitare le corna o per farle ma senza essere mai scoperto.

Per questo motivo, abbiamo chiesto ai nostri lettori di scriverci le storie ed i racconti dei tradimenti subiti o vissuti in prima persona: noi ci siamo limitati a selezionare i migliori che leggerete in questa pagina e nelle altre collegate i cui link trovate alla fine di questo articolo.

Manca un esame alla laurea: Manuela sa come tenere la media!

Siamo a Viterbo, precisamente in via Santa Maria in Gradi, alla nota Università della Tuscia. La protagonista è Manuela, studentessa di giurisprudenza all’ultimo anno: le manca un solo esame per chiedere la tesi e quella mattina potrebbe segnare la sua media.

Uno dei racconti di tradimenti che abbiamo amato di più!

Non ce la facevo più, stavo impazzendo. Mi mancava un solo esame per chiedere la tesi: uno di quelli più difficili e pericolosi per la mia media. Avevo chiesto a Mattia (il mio ragazzo) di accompagnarmi all’esame perché avevo bisogno di lui, del suo supporto.

Il corridoio era pieno zeppo di ragazzi seduti per terra, in crisi e immersi nella lettura di testi e dispense: si riusciva a mala pena a passare per quel dannato corridoio, che sembrava quasi come il famoso Miglio Verde del film di Stephen King, quello dei condannati a morte.

Mattia mi teneva la mano ma stava un pelo dietro di me, come a proteggermi: è sempre stato un ragazzo dolcissimo, una cosa che mi conquistava ma che mi infastidiva anche un po’, perché spesso si comportava fin troppo bene con me, era troppo accondiscendente. E quella mattina sentivo di odiarlo, ma non per colpa sua, ma per la tensione che si accumulava.

Decisi di chiedergli i miei spazi, lo presi da parte in un angolo del piano e gli feci un cazziatone di quelli senza senso, dicendogli che era meglio se mi aspettava giù. Era sconvolto e come sempre colpevolizzato, cosa che mi fece arrabbiare e confondere: reagisci – pensavo – reagisci e dimmi che sto esagerando. Niente.

Poi, dopo che ero rimasta sola, mi sedetti per terra con gli altri a ripassare. Fra le mille gambe che mi passavano davanti, vidi lui: l’affascinante assistente che teneva spesso le lezioni del prof, che noi chiamavamo “barbetta” per via della sua barba leggera e sempre curatissima.

Mi diede un calcetto e mi sorrise, dicendomi che avrebbe preso lui qualche statino per alleggerire il compito del professore, e che se volevo potevo sostenere l’esame con lui. Sentivo un fuoco dentro e non mi vergogno a dire che mi bagnai, pensando nella mia mente a mille cose che avrei potuto fare con lui, a pochi metri di distanza da Mattia e dagli altri.

Ma erano solo fantasie e non era il caso che mi distraessi in quel momento. Gli dissi di sì, e attesi che mi chiamasse: tre ore dopo, con il corridoio ormai vuoto, vidi la sua barbetta fare capolino dalla porta del suo studio, e farmi cenno con un dito. Mi alzai appesantita, come di pietra: l’eccitazione mi era passata del tutto, sostituita dalla tensione.

Lo ringraziai sull’uscio, perché innanzitutto sapevo che con lui era un esame in discesa: entrai nella piccola stanzetta e mi girai per chiudere la porta. Poi all’improvviso sentii una mano sul seno, che si faceva strada sotto la t-shirt, ed una che si infilava nelle mutandine, con lui a stringermi da dietro.

Fu violento e senza ripensamenti: mi girò verso di lui e comincio a baciarmi il collo, mentre con le mani dentro ai jeans, davanti e dietro, faceva quello che voleva.

Io non capii più nulla, ero confusa e anche un po’ schifata, pensavo “ma come osa?” però allo stesso tempo ero eccitata in modo pazzesco, e con il movimento del bacino gli dicevo sì assecondando le sue dita dentro di me, mentre solo a parole gli dicevo no. Poi mi abbassò i jeans e gli slip, girandomi di nuovo e sbattendomi contro la porta.

Non mi diede il tempo di riflettere, anche se in quel momento di riflettere non me ne fregava proprio nulla. Mi prese lì, da dietro, con furia e ansimando: mi scappò un urlo per il piacere e lui mi coprì la bocca, spingendo sempre più forte e facendomi godere come Mattia non aveva mai fatto in tutti quegli anni di fidanzamento.

E nel mentre che mi stringeva il seno, continuando a prendermi da dietro, io non sapevo più chi ero e cosa pensare. Poi il suo orgasmo e il calore, la fine di tutto: o forse l’inizio, pensai. Mi girò delicatamente verso di lui e mi disse, stanchissimo e con il fiatone, che la mia media non sarebbe stata più un problema.

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